L’ipotesi dell’abolizione del bonus cultura ha scatenato un vespaio mediatico, secondo voi i diciottenni ne fanno buon uso?
Siamo tutti d’accordo sul fatto che il governo, qualunque esso sia, debba investire sul sistema scolastico e sull’istruzione per offrire alle nuove generazioni maggiori e migliori possibilità di formazione.
L’accesso ad un’istruzione di livello superiore prepara i giovani ad entrare nel mondo del lavoro con maggiori chance di successo e possibilità di fare carriera, ma permette loro anche di sviluppare un più ampio senso critico, di fronteggiare meglio le sfide che avrà una volta entrato nel “mondo degli adulti“.
Le scuole, così come le università, sono luoghi in cui accrescere la propria cultura. La prima fase degli studi serve a creare una cultura generale, a fare conoscere ai bambini e ai ragazzi quanti più aspetti possibile sulla storia, la letteratura, le tradizioni, l’arte, la politica del luogo in cui vivono e in misura minore degli altri posti del mondo. Ma questa fase formativa permette anche di familiarizzare con concetti base di matematica, fisica, anatomia, chimica, musica e tutti gli altri campi del sapere.
Lo scopo è quello di permettere allo studente di conoscere quanti più aspetti possibili dello scibile umano per fargli comprendere le proprie propensioni verso una determinata arte e/o professione. Infatti già dalla scuola secondaria si scegliere per un indirizzo di studi più ristretto, all’Università si sceglie il campo di specializzazione e poi con i master diventa un ramo specifico di quel campo selezionato.
L’utilità del bonus cultura
Specializzarsi in un campo non dovrebbe portare ad escludere gli altri campi del sapere. Ciò che abbiamo scartato come ramo di specializzazione può rimanere qualcosa che vogliamo approfondire separatamente per nostra cultura personale. Possiamo quindi spendere il nostro tempo libero nella lettura di un libro, nella visione di un film, andando ad un concerto o ad un museo, o partecipando ad una fiera. Si tratta di attività che accrescono il nostro livello culturale, ampliano i nostri interessi e la nostra visione del mondo, ci permettono di coltivare gusti personali, di diversificarci come persone e di trovare interessi comuni con altre.
Il bonus cultura stanziato dal governo Renzi nel 2016 – e mantenuto in vita ancora oggi – aveva lo scopo di stimolare i neo 18enni ad esplorare questo mondo di possibilità, a coltivare i propri interessi anche quando le condizioni economiche della famiglia non gli permettevano di farlo. Quei 500 euro spendibili nelle varie attività culturali esistenti sono un aiuto per i giovani, ma anche per le famiglie che a volte si trovano costrette a limitare per ragioni economiche gli interessi e le possibilità sociali e culturali dei propri figli.
Il concerto dei Maneskin è un buon modo per spendere il Bonus Cultura?
Negli ultimi giorni l’ipotesi che il governo Meloni tolga il Bonus cultura nel 2023 ha generato un polverone social. Tantissimi ragazzi si sono lamentati di questo possibile scenario ed in tantissimi hanno criticato l’eventuale decisione. Venuta a conoscenza delle forti polemiche nate in seguito alla condivisione di questa possibile scelta, la maggioranza ci ha tenuto a precisare che non toglierà il bonus cultura, ma lo rimodulerà (magari abbassando i 500 euro) e lo legherà all’Isee delle famiglie.
Ecco un esempio dell’uso del bonus cultura https://t.co/KjuPOo465A
— Lucio Malan (@LucioMalan) December 11, 2022
A quel punto ci si aspetta che le polemiche cessino, ma a scatenare nuovamente un vespaio ci ha pensato il senatore di FdI, Lucio Malan. Rispondendo ad un tweet di una ragazza che si lamentava dell’abolizione del bonus perché non poteva più acquistare un biglietto del concerto dei Maneskin, questo ha scritto: “Ecco un esempio dell’uso del bonus cultura”.
Il commento ha chiaramente riacceso le polemiche, non solo da parte dei giovani. Il presidente del Gimbe, Nino Cartabellotta, ad esempio ha risposto a Malan: “Mi scusi Onorevole, ma per Lei la musica non è cultura? O non lo sono i Maneskin?”. Facendo eco alle parole di Cartabellotta, un utente ha poi aggiunto: “Ah, perché la musica non è cultura? Dietro a un concerto non ci sono lavoratori che mantengono le famiglie?“.
Malan si è stupito della ferocia con la quale è stato accolto il suo commento ed ha cercato di fare capire che la sua frase non era tendenziosa: “Ho scritto un Tweet del tutto neutro e vedo una raffica di reazioni rabbiose. Qualcuno ha dei problemi?“. Mentre il senatore si nasconde e fa retromarcia, c’è anche chi ritiene che il bonus cultura speso in concerti sia uno spreco di denaro pubblico e sostiene che il governo potrebbe spendere meglio le proprie risorse. Voi cosa ne pensate?
Articolo di Fabio Scapellato