Fenomeno televisivo del momento Squid Game è la serie televisiva più vista del momento, con i suoi milioni di contatti ha battuto anche Bridgerton. La serie coreana intriga, emoziona e coinvolge i telespettatori con i suoi giochi estremi raccontati da una sceneggiatura ben architettata. Icona della serie è la bambola gigante diventata cult del momento simbolo di un gioco conosciuto in tutto il mondo come Uno, due, tre stella.
Squid Game, ecco cosa dice la bambola
In particolare gli appassionati dei social più noti tra cui quelli di Tik Tok hanno posto in rete un quesito che in poche ore è diventato virale: cosa dice veramente la bambola? Molte le risposte alternative a uno, due, tre stella ma quella più attendibile sembra essere associata al significato della frase detta. La traduzione letterale dal coreano all’italiano dell’espressione usata dalla bambola è Il fiore di ibisco è sbocciato. Da chiarire se il riferimento è diretto a qualcosa che comincia, in questo caso i giochi, o al fatto che l’ibisco sia il simbolo della Corea del sud.
Per ora il dibattito non è stato chiarito e sui social sembra essere molto vivace visto che Squid game ha avuto un successo di pubblico davvero inaspettato. Realizzato dall’immaginazione del regista e dei suoi autori alcuni oggetti usati nella serie sono veri e esistenti cosi anche la bambola esiste davvero si trova all’ingresso di un villaggio di carrozze a cavalli nella contea di Jincheon, a Chungcheongbuk-do.
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Squid game, vietare la visione ai bambini?
Squid game ha spopolato su Netfilx nonostante la narrazione d’alcuni giochi appare violenta e da non emulare in modo assoluto. Tra i dubbi sorti quello se sia legittimo vietare la sua visione ai minori. In Inghilterra le autorità hanno esortato i genitori a non far vedere la serie ai più piccoli, un invito per molti dovuto.
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Secondo gli psicologi il timore che i più piccoli possano riprodurre la violenza dei giochi è reale: “Il pericolo, in particolare quello di emulazione, non si verifica indiscriminatamente in tutti ma va a colpire precise categorie di soggetti, che non hanno la capacità di elaborare la violenza.” Ha dichiarato David Scaramozzino, psicologo clinico e psicoterapeuta all’ Huffpost.