Il monitoraggio dei dati settimanali forniti dall’ISS cambia le valutazioni su alcune regioni
Per far fronte al dilagare del coronavirus e scongiurare un lockdown generalizzato il governo ha suddiviso l’Italia secondo il grado di rischio epidemiologico. Lo scorso 3 novembre il premier Giuseppe Conte in conferenza stampa ha spiegato questa divisione per regioni: da un moderato rischio giallo a un livello di criticità molto elevato rosso.
Ogni venerdì l’Istituto Superiore di Sanità fornisce il report settimanale sull’andamento dell’epidemia per ogni regione prendendo in esame 21 parametri, (dall’indice RT, al rapporto positivi/tamponi, ai posti letto disponibili, allo stress delle strutture ospedaliere etc) e sulla base di questi dati il Governo assoggetta una regione ad un regime più restrittivo.
I dati di oggi venerdì 13 novembre erano particolarmente attesi in quanto le notizie degli ultimi giorni indicavano come la situazione stesse peggiorando in diverse zone del Paese. Infatti se è pur vero che i numeri stanno rallentando, segno di essere arrivati quasi al plateau della curva, gli ospedali sono in pieno affanno. Uno stress che ha una coda molto più lunga del numero di positivi che vediamo ogni giorno. E i posti disponibili stanno finendo nelle terapie intensive, ma anche nei reparti. Indispensabile dunque chiudere prima del disastro.
Il monitoraggio dell’Istituto Superiore di Sanità e del Ministero della Salute ha rivelato che passano ad essere zona rossa Campania e Toscana. Altre tre regioni, Emilia Romagna, Friuli Venezia Giulia e Marche diventano arancioni.
Le regioni rosse in Italia diventano dunque sette: Lombardia, Piemonte, Calabria, Val d’Aosta, Alto Adige (provincia autonoma di Bolzano) e new entry Campania e Toscana.
Le regioni arancioni invece sono nove: Abruzzo, Basilicata, Liguria, Puglia, Sicilia, Umbria a cui si aggiungono Toscana, Emilia Romagna e Marche.
Restano gialle solo cinque regioni: Lazio, Sardegna, Veneto, Molise e la provincia di Trento.